Questa sera mi è tornato in mente un episodio di tanti anni fa. Era il 1994 ed ero visiting researcher alla Norwegian University of Science and Technology di Throndeim. Era il primo viaggio all’estero che facevo con la mia famiglia. I miei figli avevano 5 e 3 anni.
Prendemmo qualche giorno di vacanza per un giro dei fiordi. Per attraversare uno di questi (se ricordo bene era il Sognefjord) prendemmo un traghetto. Durante la traversata ci venne voglia di uscire dalla sala passeggeri, andare in coperta e godere dello splendido paesaggio che si apriva di fronte a noi. Per accedere al ponte bisognava aprire una pesante porta di ferro e io e mia moglie prendemmo la maniglia tirandola con forza per aprirla: in due non riuscivamo a farla spostare di un centimetro. Mio figlio piccolo, con la sua manina si avvicinò ad un pulsante sulla parete del traghetto di fianco alla porta e premendolo disse “e se schiaccio qui?” Il pulsante comandava l’apertura elettrica della porta che immediatamente si spalancò davanti a noi.
Questo episodio è divenuto per la nostra famiglia un ricordo dolcissimo. A più di trent’anni di distanza, ancora oggi quando in famiglia qualcuno dice “e se schiaccio qui?”, subito partono risate come quelle che ci fecero piegare in due a bordo del traghetto norvegese in quell’indimenticabile giornata.
Ripensando a quell’episodio mi è tornato in mente anche un brano del Vangelo di Matteo:
1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». 2 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. (Matteo 18,1-4).
Ricordo quando studiavamo questo passaggio nelle nostre ore di lectio divina nella comunità giovanile dell’oratorio. Spesso si dà di questo brano una lettura semplicistica e fin caricaturale, mentre in realtà contiene un insegnamento di grandissimo valore: dobbiamo essere accoglienti, semplici ed aperti come i bambini, candidi non perché stupidi, ma perché non condizionati e chiusi di fronte agli altri e al mondo che ci circonda.
Seguendo questo filo di pensieri mi è tornato in mente anche uno straordinario intervento del purtroppo scomparso Sir Ken Robinson: sentitelo tutto e soprattutto le storie che racconta a partire dal minuto 3:35. Parla della creatività e della coraggiosa ingenuità dei bimbi. Splendido.
Tutti questi pensieri mi sono tornati in mente questa sera e mi hanno fatto riflettere su quanto sia difficile per noi accettare chiunque metta in crisi le nostre opinioni o ci colpisca con osservazioni fuori dagli schemi o dalle nostre categorie di pensiero, come mio figlio sul traghetto in Norvegia o come i bimbi delle storie di Ken Robinson.
Nella nostra vita e nel nostro lavoro dovremmo trovare il coraggio di ascoltare, di sorprenderci, di tornare candidi e semplici come bimbi, di accogliere ogni scintilla di vita e intelligenza che ci raggiunge nelle nostre interazioni quotidiane. Sapendo anche che molte nostre incrollabili certezze alla fine non sono altro che barriere che creiamo per evitare di doverci confrontare con i nostri errori, le nostre paure, le nostre insicurezze.
Più passa il tempo, più divento vecchio, più mi accorgo di come il candore, la semplicità e l’ingenuità dei bimbi siano valori che dovremmo riscoprire e rivivire ogni giorno della nostra vita.